25 marzo: Festa Patronale della nostra città.

 in foto la chiesa della SS. Annunziata – tratta dal libro “Sabaudia nella storia”

La progettazione della chiesa della SS. Annunziata a Sabaudia si deve agli stessi architetti vincitori del concorso bandito il 21 aprile 1933 dall’Opera Nazionale Combattenti per la stesura del piano regolatore della città che stava per nascere.  Gli architetti vincitori furono Gino Cancellotti, Eugenio Montuori, Luigi Piccinato ed Alfredo Scalpelli. 

La prima pietra della chiesa fu posta il 15 gennaio 1934, il ritardo con il quale se ne iniziarono i lavori fece si che il 15 aprile 1934, all’inaugurazione di Sabaudia da parte del re Vittorio Emanuele III, la chiesa fosse ancora in costruzione.

La prima celebrazione liturgica ci fu il 24 febbraio 1935, presieduta dall’allora Vescovo della diocesi di Terracina, Sezze e Priverno, Mons. Pio Leonardo Navarra.  Il 25 marzo 1935 fu celebrata con una grande festa la solennità della SS. Annunziata, Patrona della città.

Perfettamente inserita nello stile architettonico di Sabaudia, la chiesa intitolata alla SS. Annunziata rappresenta la costruzione principale del complesso religioso che intorno ad una piccola piazza metafisica raccoglie l’isolato battistero dalla forma cilindrica e poi la canonica, il Convento delle Suore e l’asilo. L’edificio poggia su una larga base gradinata; la facciata porticata è rivestita con lastre di travertino di due diverse tonalità, mentre i fianchi esterni sono in mattoni rossi. L’interno presenta un’unica navata absidata, nella quale si aprono tre cappelle semicircolari per lato; sull’ingresso, è collocato un ambiente per l’organo e la cantoria. Ai lati del presbiterio, che risulta sopraelevato rispetto alla zona destinata ai fedeli da leggere rampe di scale, sono disposti due pulpiti marmorei sotto i quali si aprono gli accessi alla cripta. A sinistra, un raccolto ambiente appositamente progettato accoglie la Cappella Reale, mentre dall’altro lato si accede alla sagrestia ed ai locali conventuali.

La canonica, che si affaccia posteriormente sul piano superiore del chiostro porticato, al piano terra ospita diverse stanze destinate a vari usi; al primo piano sono invece le camere dei religiosi, il refettorio ed i servizi relativi. Insieme con gli edifici destinati alle suore ed all’asilo, la casa conventuale delimita lo spazio nel quale si erge il battistero a pianta circolare, rivestito esternamente con lastre di travertino che contribuiscono a renderne sfaccettata la superficie, ospita al suo interno, in posizione centrale, il fonte battesimale.

La torre campanaria, anch’essa interamente rivestita in travertino, sorge sul lato sinistro della chiesa. Dall’alto dei suoi 46 metri risuona un concerto di quattro campane — in Fa diesis, Sol, La diesis e Do — realizzate nel 1934 presso l’antica fonderia Lucenti di Roma.

L’Annunciazione di Ferrazzi

Il giorno dell’inaugurazione, la nicchia che sovrasta l’ingresso alla chiesa era ancora privo del mosaico commissionato a Ferruccio Ferrazzi (1891-1978), una delle personalità più in vista nel panorama artistico contemporaneo ed autore di varie opere musive di notevole interesse. La chiesa della città dedicata alla casa regnante non poteva che essere intitolata alla Vergine Annunziata, per la quale i Savoia avevano sempre nutrito una particolare devozione.

Ferrazzi affrontò il tema coniugando l’episodio evangelico con scene dal chiaro intento ideologico e celebrativo. L’Annunciazione, rappresenta la figura di Maria e dell’Arcangelo Gabriele che conferisce all’opera una certa solennità, in basso al mosaico viene rappresentato la <<redenzione>> dell’Agro Pontino da parte del regime, c’è l’immagine del duce che trebbia il primo grano di Sabaudia affiancato anche se su un livello inferiore il Commissario dell’O.N.C. Valentino Orsolini Cencelli.

E proprio la coesistenza di questi due piani rappresentativi quello religioso e civile  sulla facciata della chiesa di Sabaudia rimanda al tentativo posto in atto in quegli anni dal fascismo per associare, in un’ottica totalitaria, il cattolicesimo nel <<culto del littorio>>, la nuova religione laica dello Stato.

Il mosaico è alto 14,4O m e larga 3,80 per una superficie complessiva di 55 mq.

Il compito di approntare le necessarie tessere di vetro smaltato fu affidato alla ditta Salviati di Venezia, uno tra i più prestigiosi laboratori di mosaico monumentale dell’epoca, che provvide anche alla loro composizione, condotta sotto la supervisione dello stesso Ferrazzi.

L’inaugurazione dell’Annunciazione risale al 14 aprile 1935, al termine di circa due mesi di lavoro. Malgrado il suo indubbio valore artistico, alla caduta del fascismo il mosaico rischio di essere irrimediabilmente deturpato. La furia iconoclasta che dopo il 25 luglio 1943 travolse tutti simboli del regime stava infatti per abbattersi anche sulle immagini di Mussolini e Cencelli raffigurate sulla facciata della chiesa. Solo l’intervento provvidenziale e deciso dell’allora parroco, p. Agostino Montironi, riuscì a salvare l’opera conservandola integra fino ai nostri giorni.

L’ “Ecce Ancilla Domini” di Corrado Vigni

A destra dell’entrata, una cappella rettangolare ospita la statua Ecce Ancilla Domini di Corrado Vigni (1888-1956), scultore legato agli ambienti artistico — architettonici contemporanei maggiormente impegnati nella ricerca di uno stile espressivo <<littorio>>. L’opera venne offerta alla chiesa di Sabaudia nell’aprile del 1935 dalla commissione femminile del Comitato “Re e Patria” di Milano che intendeva onorare la nuova realizzazione del regime nell’Agro Pontino. La Vergine Maria è colta dall’artista nell’attimo che segue l’annuncio dell’arcangelo Gabriele. La statua in marmo bianco di Carrara è alta 1,75 metri.

La Cappella Reale

A sinistra dell’altare maggiore un raccolto ambiente ospita la Cappella Reale. Donata alla chiesa di Sabaudia dalla regina Elena nel 1935, la Cappella era precedentemente situata all’interno del palazzo Margherita a Roma, a partire dal 1901 residenza della vedova di Umberto I di Savoia ed oggi sede dell’ambasciata degli Stati Uniti d’America.

La cappella è nata come tributo alla memoria del Re d’Italia ucciso a Monza nel 1900, la Cappella versò a lungo in stato d’abbandono dopo che, alla morte della regina madre, nel 1928 il palazzo venne ceduto alla Confederazione fascista dell’agricoltura. Da qui la decisione di farne omaggio alla nuova città pontina intitolata alla dinastia sabauda.

Il valore memorialistico dell’ambiente disegnato dal direttore dell’Ufficio tecnico della Casa Reale, Emilio Stramucci, è testimoniato dall’incisione in latino che ne sovrasta il portoncino d’ingresso: OMNIPOTENTI DEO – IN HONOREM – BEATI HUMBERTI A SABAUDIA – ITALIE REGINA – DEVOTA MEMORIAE – HUMBERTI REGIS – CONIUGIS EXOPTATISSIMI – MDCCCCI  (Margherita di Savoia regina d’Italia, devota alla memoria del re Umberto, coniuge tanto amato, a Dio onnipotente in onore del beato Umberto di Savoia – 1901).

Sull’altare, finemente intagliato in noce nostrano dal maestro ebanista Michele Dellera a cui si deve l’intero allestimento artistico dell’opera, è collocato il tabernacolo che fa da piedistallo ad una statua lignea del beato Umberto III di Savoia (1129-1189).

L’illustre antenato della famiglia reale è stato raffigurato dallo scultore Vincenzo·Cadorin (1854-1925) in atteggiamento estatico, avvolto nel proprio mantello con la mano destra sul petto, mentre la sinistra regge la spada sguainata e ritta, come si trattasse di una Croce. Ai lati della statua sono collocati quattro artistici candelieri. Il vestibolo è ricavato nel retro dell’altare, con il quale forma un corpo unico. Intagliata al centro del soffitto in legno di Bahia e circondata da dodici <<nodi Savoia>>, una particolare insegna araldica: nella duplice croce sabauda si è infatti voluta ricordare la discendenza della regina Margherita dal ramo dei Savoia-Genova e, dunque, i suoi legami di parentela con la famiglia del consorte Umberto I. Il  medesimo blasone è riprodotto anche nella parte superiore delle vetrate laterali, dalla caratteristica decorazione policroma in stile liberty. Le pareti, damascate in rosso, accolgono due importanti tele del pittore Giovanni Piancastelli (1845-1926) che ritraggono altri illustri rappresentanti di casa Savoia: i beati Bonifacio (1207-1270) a sinistra, ed Amedeo IX (1435- 1472) a destra. Quest’ultimo è raffigurato con il collare dell’Ordine della SS. Annunziata, sul quale è inciso il motto <<Fert, Fert, Fert», mentre Bonifacio indossa le caratteristiche insegne episcopali. Sui lati corti della Cappella sono inoltre collocati quattro tondi: in quelli dietro l’altare sono effigiati i santi Barbara e Maurizio, negli altri sulla porta d’ingresso san Martino e l’arcangelo Michele. Le acquasantiere, a forma di conchiglia, sostengono quattro statuette in legno di tiglio che rappresentano san Maurizio in abito da condottiero romano mentre calpesta una divinità pagana, santa Margherita con ai piedi un drago alato, santa Chiara nell’atto di pregare, Sant’Elena che regge tra le mani il vessillo della Croce. Le prime due, poste accanto alla porta d’ingresso, sono opera di Dellera, quelle ai lati del vestibolo del Cadorin.

Nel 1985 l’intero ambiente è stato sottoposto ad un intervento di restauro conservativo.

Le vetrate istoriate

Nel 1974 si pensò di realizzare nuove vetrate policrome per i sei finestroni absidali dell’edificio sacro. Nelle vetrate vi sono raffigurati episodi sia dell’Antico e del Nuovo Testamento.

1 commento

  1. Bellissime foto un bel omaggio a Sabaudia.

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