di Katia Campacci
Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura,
ché la diritta via era smarrita.
Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
esta selva selvaggia e aspra e forte
che nel pensier rinova la paura.
(INFERNO, c. I)
Oggi 25 marzo 2020 è il DANTEDI’, il primo in assoluto, la prima edizione della giornata che la Repubblica Italiana ha voluto dedicare al nostro “Sommo Poeta”. Dante è per eccellenza il simbolo della nostra cultura e della nostra lingua. Ho voluto iniziare, non a caso, questo articolo riproponendo quello che è l’incipit dell’inferno della “DIVINA COMMEDIA“. Oggi più che mai ci ritroviamo a vivere giorni “oscuri” a causa di quello che sta accadendo nel mondo, ma si sa, come tutto ha un inizio, ha anche una fine, e il nostro caro autore ce lo spiega bene.
Ma chi è Dante? Nasce nel 1265 in una Firenze vivace, spesso contraddittoria, violenta e spietata, eppure ricchissima di fascino, di pulsioni artistiche e di meraviglie. Quella di Dante è una famiglia di parte guelfa, e dunque orientata a una politica a favore del Papa piuttosto che all’Imperatore, sostenuta invece dai ghibellini. Questo però non lo influenzerà quando dovrà decidere, da uomo libero, da che parte stare. Dante è animato, infatti, da una forte passione politica, è fiero e desideroso di distinguersi sia dai miserabili in cerca di affermazione sociale, sia dai ceti elitari gelosi di mantenere i propri privilegi. Propenso a coltivare una visione personalissima del mondo rimane sempre libero da schemi e lacci ideologici. Pur essendo vicino alla famiglia dei Donati (Dante sposa Gemma Donati) che guida la corrente dei Guelfi Neri (oggi potremmo ironicamente dire i “Papa’s boy”), preferisce aderire a quella dei Bianchi, capeggiata dalla famiglia dei Cerchi, perché auspicano una maggiore indipendenza delle istituzioni repubblicane rispetto all’influenza dei legati pontifici. Dante ama spesso ripetere che fa <<parte per se stesso>> ed elabora una complessa e modernissima teoria socio-politica, che troviamo descritta nel “DE MONARCHIA” la sua opera politicamente più matura. A suo giudizio, Papa e Imperatore, ciascuno secondo il proprio mandato, dovrebbero guidare il mondo garantendo pace e concordia fra gli uomini. Questo suo punto di vista però gli costa l’esilio e nel 1321 morirà a Ravenna, lontano dalla sua amata Firenze. Dante però, non è solo un uomo politico. Abbraccia la corrente del DOLCE STIL NOVO, movimento nato a Bologna e sviluppatosi poi a Firenze. Il manifesto di questa corrente poetica è la canzone di Guinizzelli “Al cor gentil rempaira sempre amore“, dove emergono le caratteristiche della donna intesa dagli stilnovisti. Tuttavia, l’origine dell’espressione del termine è da rintracciare nella “Divina Commedia” (Purgatorio, c. XXIV): il rimatore Bonagiunta Orbicciani definisce la canzone “Donne ch’avete intelletto d’amore” con l’espressione Dolce Stil Novo, per il modo di penetrare interiormente luminoso e semplice, libero dall’eccessivo formalismo stilistico.
Dante risponde così:
“I’mi son un che, quando Amor mi spira, noto, e a quel modo ch’è ditta dentro vo significando“. E chi più di Beatrice può capirlo!
E chi più di Beatrice può capirlo!
La figura della donna tanto amata da Dante viene spiritualizzata, idealizzata, tanto che sarà lei la guida che lo porterà alla conversione spirituale all’interno della “Divina Commedia“. Ma Dante è anche il “Poeta del popolo”; con lui il volgare assunse lo stato di lingua colta e letteraria, un veicolo comune tra tutti gli italiani, tra i ceti colti e quelli più popolari. La letteratura è intesa come strumento al servizio della società. Dunque Dante “eroe a 360°”, un “eroe” anche del nostro tempo, ed io ne sono profondamente innamorata. Spero vivamente che tanti possano scoprire la bellezza delle sue opere che sono uno dei più grandi patrimoni della nostra cultura e non solo. Dante ci insegna che con determinazione ed amore per il prossimo, possiamo fare molto, soprattutto in momenti difficili come questi…
“E quindi uscimmo a riveder le stelle“.
(Inferno, c. XXXIV)